Anno 2015, zona Colli Euganei, partecipo ad un workshop in una non conferenza organizzata da degli svitati formatori e formatrici esperienziali in cui sperimentiamo una serie di nuove attività e giochi volti a riflettere sulle competenze trasversali e su come funzionano i meccanismi del nostro cervello.
Mi coinvolgono in una attività in cui dobbiamo discutere con altre 5 persone in merito all’organizzazione di un evento. Mi piazzano sulla fronte una fascia in cui non so cosa ci sia scritto…e come per incanto parte l’incubo…
Improvvisamente le altre persone cominciano a parlare tra di loro evitandomi, interrompendomi e sminuendo ciò che dico. Sono consapevole che ci sia qualcosa di ‘tragico’ scritto sulla mia fronte e nonostante questo il battito cardiaco aumenta, il mal di stomaco fa capolino e la rabbia sale….ben presto faccio uno spostamento indietro con la sedia, mi metto a braccia conserte e getto la spugna.
Qui di inconscio non c’è proprio nulla in quanto i colleghi coinvolti nell’attività avevano un compito ben preciso e sapevano benissimo che cosa stavano facendo con il risultato che alla fine dell’attività non finivano più di scusarsi dicendomi: ‘Ci siamo sentiti malissimo a comportarci così ma sulla tua fronte c’era scritto IGNORAMI’
La cosa che ancora adesso mi stupisce è sia il livello di carica emotiva che mi suscitò quella situazione nonostante sapessi fosse una simulazione e sia quanto questo mi abbia spinto ad un’azione ben precisa e alquanto distruttiva (autoescludermi e mollare). Mi sono sentita profondamente una ‘Outsider’!
Questo aneddoto esemplifica come i bias cognitivi possono portare a delle azioni che possono avere impatti importanti sulle altre persone e che, se sono inconsci, hanno anche l’aggravante di trasformarsi in azioni inconsapevoli e quindi di poter potenzialmente essere reiterati.
Ho voluto usalo anche per presentare dei comportamenti e degli effetti, di cui, molto probabilmente, siamo stati spesso coinvolti e che sono sottovalutati e che invece hanno un forte impatto emotivo e organizzativo: le micro-diseguaglianze.
Già nel 1973 Mary Rowe del MIT cominciò a descrivere le "micro-inequities" (micro-disuguaglianze) definendole “eventi apparentemente piccoli, spesso effimeri e difficili da provare, spesso non intenzionali, frequentemente non riconosciuti da chi stesso li agisce, che si verificano ovunque le persone siano percepite come "diverse".
Rowe osservò il loro effetto cumulativo e concluse che le micro-disuguaglianze sono state le principali impalcature per la discriminazione negli Stati Uniti. Da allora le micro-disuguaglianze sono state sempre più osservate e studiate e si è registrato che spesso non vengano riconosciute da chi le agisce nemmeno se descritte da una persona che osserva dall’esterno.
Alcuni esempi
- Al tavolo parliamo di situazioni ed eventi che ci hanno accomunato nel passato ma c’è una persona che è entrata da poco nel gruppo di lavoro e quelle cose non le conosce.
- Sei appena stata assunta, e nel tuo team non si fa altro che parlare di quanto era bravo il collega che se ne è andato (e di cui tu hai preso il suo posto).
- Siamo alla macchinetta del caffè e arriva il tizio di quel reparto con cui non c’è feeling e si smette di parlare
- Al tavolo con persone italiane e una persona straniera dove la lingua ufficiale è l’inglese, ad un certo punto, magari per comodità e velocità si passa all’italiano anche solo per alcuni scambi.
- Nelle riunioni usiamo acronimi molto specifici o tecnici del nostro business mentre parliamo con persone che non possono capire quei termini
Questi sono solo alcuni esempi di micro-disuguaglianze, che a lungo andare, potrebbero avere un effetto di accumulo. Ma qual è, l’impatto sul business?
La produttività diminuisce perchè le persone oggetto di queste azioni possono avere queste tre reazioni comuni:
- ‘Mollare’: è più probabile che lascino l'organizzazione o il team
- ‘Tirare avanti’: fanno il minimo necessario per cavarsela
- ‘Mettere i bastoni tra le ruote’: assumono atteggiamenti polemici e vanno in direzioni opposte a quelle decise per l’azienda
Inoltre, tutto ciò porta a scarsa comunicazione, bassa fidelizzazione, basso coinvolgimento/morale dei dipendenti, minore innovazione e assunzione di rischi, prestazioni individuali e di squadra ridotte, aumento dello stress, mancanza di fiducia.
Se le micro-disuguaglianze possono creare degli effetti a valanga che a lungo andare impattano sul business. Ad esempio da una ricerca condotta da Accenture nel 2019, ha evidenziato come il costo annuale sostenuto dalle aziende che devono sostituire dipendenti che lasciamo a causa di discriminazioni subite (tra qui micro-inequlities) è di 64 miliardi di dollari. Sul fronte dei ricavi invece, aziende che investono non solo sulla diversità ma su programmi e policies di “inclusione” hanno 10% in più di ricavi da “innovazione” su nuovi prodotti e servizi. Dunque, comportamenti discriminatori, svalutanti, seppure possano “micro”, apparire irrilevanti hanno impatti reali importanti.
Fortunatamente però, che questo effetto a valanga può avvenire anche nella direzione opposta. Esistono infatti degli strumenti per contrastare gli unconscious bias e queste vengono chiamate ‘micro-affirmation’ (micro-affermazioni)
Le micro-affermazioni sono “atti apparentemente piccoli, spesso momentanei e difficili da vedere, eventi pubblici e privati, spesso inconsci (e spesso no) e molto efficaci, che si verificano ovunque le persone desiderino aiutare gli altri ad avere successo.”
Le micro-affermazioni includono i feedback equi, specifici, tempestivi, coerenti e chiari che aiutano una persona a crescere.
La ricerca sui casi di successo in aziende che affrontavano un cambiamento importante (Golden-Biddle, 2014) dimostra che le micro affermazioni sono essenziali per facilitare il coinvolgimento, avviare una vitalità a cascata per il cambiamento e fornire la speranza che i propri sforzi facciano la differenza.
Alcuni esempi:
- Chiedi agli altri le loro opinioni
- Riconosci i risultati degli altri
- Mostra un interesse genuino e professionale per la vita personale di qualcuno
- Fai attenzione e metti giù il telefono quando parli con qualcuno
- Dai credito alle idee di un altro
- Chiedi prima ai diretti interessati la loro disponibilità se proprio devi fissare una riunione fuori dall’orario di lavoro.
- Non parlare la tua lingua se c’è una persona straniera presente o al limite, se devi spiegarti velocemente al collega italiano, abbi l’accortezza chiedere il permesso e poi eventualmente cercare di tradurre con calma
- evita gli ‘inglesismi’ se sai che dall’altra parte c’è una persona che fa difficoltà con l’inglese
In conclusione, se si vuole ottenere la miglior performance da ogni persona, ispirare lealtà e fiducia e ottenere risultati eccezionali per la tua organizzazione, ricorda, sono le piccole cose che contano.