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Arrampicata e consapevolezza emotiva

2022-11-21 09:33

Valentina Sandi

Blog,

Arrampicata e consapevolezza emotiva

Parliamo incessantemente a noi stessi del nostro mondo ed è proprio grazie a questo nostro dialogo interiore che lo preserviamo, e ogniqualvolta continuiamo a p

 

 

 

 

 

 

Non siamo fatti per volare

Se foste passati circa un mese fa, in una normale giornata infrasettimanale, per i Colli Euganei (colline sopra Padova) e vi foste inoltrati nel bosco ai piedi della Falesia di Rocca Pendice avreste sentito strane cose. Ossia, varie persone urlare “Blocca”, “Che paura”, “Tieni bene la corda mi raccomando”, “Vai che ce la fai”, “Grandeee, ce l’hai fatta” e tanto altro. 

 

Intanto cos’è una falesia? Una parete di roccia in natura su cui si può arrampicare in tutta sicurezza poiché viene attrezzata con degli anelli di acciaio a cui ci si può attaccare con la corda (mi perdonassero gli arrampicatori per una descrizione così semplice ma è davvero difficile farsi capire usando il gergo arrampicatorio).

E perché tante persone urlavano e il bosco vibrava di emozioni? Perché un’azienda mi aveva chiesto di lavorare su temi quali Intelligenza Emotiva, Fiducia e di Assertività ed io ho proposto l’arrampicata in falesia come strumento per poter lavorare in gruppo ed uscire dalla tanto famigerata zona di comfort. Ovviamente, in totale sicurezza e a rischio zero per i partecipanti con l’assistenza di tecnici di arrampicata.

 

Mi presento: sono Valentina, di lavoro sono Formatrice sulle Competenze Comportamentali e Facilitatrice di gruppi e processi, istruttrice di arrampicata sportiva al CAI di Padova e Tecnico Istruttore di arrampicata per USACLI, Ente di promozione sportiva riconosciuto dal Coni. Amo la montagna in tutte le sue forme e adoro il verticale, la solitudine che porta sé l’ambiente della scalata in montagna e la perenne ricerca di equilibrio tra l’uscire dalla mia zona di comfort e l’ascoltare le mie paure che, in un ambiente di arrampicata in montagna, possono salvarti la vita. 

L’idea di cominciare a proporre l’arrampicata in falesia ai gruppi in formazione mi è venuta leggendo un libro illuminante: “The Rock Warriors’ Way” di Arno Ilgner. La Via dei Guerrieri di Roccia. Solo il nome ti fa sentire potente

Il libro attinge molto dalla filosofia di Castaneda. In particolare, dal libro “Gli insegnamenti di Don Juan” dove si parla di Liberare la Mente e scoprire se stessi, consapevolezza di sé e delle proprie emozioni, presa di coscienza delle nostre paure e dei nostri limiti e comprensione e accettazione dei propri bisogni.


Nell’arrampicata, se vuoi migliorare, la necessità di lavorare su questi argomenti è prepotente: non siamo fatti per andare in verticale e rischiare di cadere. In sicurezza attaccati ad una corda, ma cadere nel vuoto fa sempre paura. Noi arrampicatori la caduta la chiamiamo Volo. Non siamo fatti per volare

 

Il bosco vibrava di emozioni…e poi cosa è successo?

Il debriefing a metà giornata (ossia quel momento prezioso in cui le persone si fermano a riflettere come spiegato nell’articolo FORMAZIONE ESPERIENZIALE) è stato intenso ed emozionante. 

Abbiamo lavorato principalmente sul concetto di zona di comfort ed emozioni. Nell’arrampicata esistono tre zone di consapevolezza di sé:

  • la zona di comfort: quella zona mentale in cui sento il movimento fluido, sono tranquilla, rilassata, mi fido del mio compagno che tiene la corda. È un momento molto ZEN: sei nel qui e ora e la tua mente segue il corpo, e viceversa;
  • la zona di rischio: in questa zona il nostro corpo inizia a reagire, l’energia si alza, mi preparo ad attaccare o a scappare. Questo è il momento della paura: la paura di cadere, di non farcela, di fare un movimento sbagliato. Oppure dell’adrenalina: decido come muovermi e continuo a scalare;
  • la zona del pericolo: la zona letteralmente fisica in cui se cado mi faccio male.

 

Capite come le prime due zone sono estremamente soggettive: dipendono dal mio vissuto, da quante volte mi sono trovata in quella stessa situazione, dalla capacità di comprendere le mie emozioni e prendere consapevolezza delle mie reazioni di fronte ad esse.
La terza zona è oggettiva: se cado mi faccio male. Unica reazione adeguata: cerco di mettermi in sicurezza

Quello che succede è che, quasi sempre, la nostra mente confonde RISCHIO e PERICOLO. Percepisco come terrorizzante l’idea di cadere o di mollare la presa, o di restare appesa nel vuoto anche se, con la giusta attrezzatura e il giusto compagno che mi sta tenendo la corda, il rischio di farsi male è zero. 

 

Vedete quanto tutto questo si può collegare al vissuto quotidiano? Il mio corpo mi parla (si irrigidisce, si agita, si blocca, la pancia si rovescia). Percepisco un’emozione: paura, ansia, inadeguatezza. Reagisco d’istinto e combatto, o scappo o mi congelo (Freeze, Flight, Fight).

Quando riesco ad ascoltare e capire le mie emozioni e i segnali del mio corpo, riesco ad attuare una reazione diversa e a stare in quella bolla di rischio: combatto o scappo? Qualsiasi sia la decisione, la cosa fondamentale è che sia voluta e consapevole. Se lascio che sia la mia emozione a guidare la scalata ne sarò sempre preda inconsapevole.

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Dopo aver chiacchierato di tutto ciò, ho proposto alcuni esercizi da mettere in atto nel pomeriggio, visto che siamo tornati ad arrampicare:

  • L’importanza del respiro: prima di iniziare ad arrampicare tre bei respiri profondi; in parete nel momento della paura rallentare e RESPIRARE. Avete presente cosa fate quando prendete paura? Aprite la bocca per incamerate aria. Meccanismo inconscio che ci permettere di avere la scorta d’aria per combattere o scappare. Bene: invertite il trend e respirando rilasserete anche il corpo;
  • Stare: nel momento in cui mi rendo conto che è l’emozione a guidare le mie reazioni, mi fermo. Sto e osservo cosa mi dice il mio corpo, perché mi sento così, quale emozione provo. Razionalizzo la mia situazione per capire se è rischio o pericolo;
  •  Affronta la tua paura: prova a mollare la presa e vedi cosa succede. Prova a fare un pochino di ciò che ti fa paura. Spesso ciò che emerge è che la paura è dettata da una preoccupazione più che da un reale pericolo;
  • Parla con il tuo compagno di cordata: di che cosa hai bisogno per superare la paura? Cosa può fare per supportarti? Sii assertivo verso i tuoi bisogni e comunicali.

 

Spero di essere riuscita a portarvi nel mio mondo anche solo per qualche minuto. Vi lascio con una citazione di Carlo Castaneda e poi vado ad arrampicare:

«Parliamo incessantemente a noi stessi del nostro mondo ed è proprio grazie a questo nostro dialogo interiore che lo preserviamo, e ogniqualvolta continuiamo a parlarci di noi e del nostro mondo, il mondo rimane sempre come dovrebbe essere. Con questo nostro dialogo lo rinnoviamo, gli infondiamo vita, lo puntelliamo. Non solo; è mentre parliamo a noi stessi che scegliamo le nostre strade. Ripetiamo quindi le stesse scelte fino al giorno della morte, perché fino a quel giorno continuiamo a ripeterci le stesse cose. Un guerriero è consapevole di questo atteggiamento e si sforza di fermare il suo dialogo interiore.»